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La storia degli Ospedali di Ovada dal Medioevo fino al 1980.


Testo ed immagini dell'intervento tenuto da Federico Borsari il 11 Settembre 2015 nell'ambito del Convegno per i 25 anni del nuovo Ospedale Civile.


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Le prime notizie dell'esistenza di un "ospedale" in Ovada si hanno nel 1444. E' evidente dhe a quei tempi non si poteva parlare di "ospedale" come lo intendiamo noi oggi, era piuttosto una struttura che consentiva l'accoglienza ed il ricovero di quelle persone (ed erano tante) che per motivi di malattia (o anche di povertà) non potevano avere alcun'altro tipo di assistenza.
Il fatto che prima di quell'anno (1444) in Ovada non vi fosse alcun ospedale è confermato da questa immagine

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che rappresenta Ovada nell'anno 1327. Come vedete, non vi sono indicate strutture con tale denominazione. Pare, invece, che esistesse una specie di "Casa per i pellegrini", destinata all'ospitalità dei viandanti che transitavano in Ovada e che era situata di fronte alla chiesa di Sant'Antonio, dall'altra parte della strada (la strada che a quei tempi conduceva a Genova).
Nel 1444 Ovada era territorio della Repubblica di Genova e ne dipendeva per la pubblica amministrazione mentre l'assistenza ai poveri ed ai malati, essendo un'opera di carità, era affidata alla Chiesa.
E fu proprio il Vescovo di allora, che si chiamava Bonifacio Sigismondi, che in quell'anno, dietro preghiere e sollecitazioni da parte della popolazione, del clero ed anche dell'amministrazione pubblica di Ovada, indirizzò una di quelle che allora si chiamavano "lettere commendatizie", nella quale invitava (ma a quell'epoca, più che di inviti si trattava di ordini) tutti i rettori e gli Arcipreti della Diocesi (parliamo della Diocesi di Acqui Terme) affinchè facessero "collette", cioè raccolte di fondi, "per erigere tosto un Ospedale fuora del luogo di Ovada presso la chiesa di S.Antonio Abate, anche ad onore e gloria del medesimo Santo e per raccogliervi i poveri di Gesù Cristo.". A questo il Vescovo aggiungeva, come era d'uso a quei tempi, la concessione di 40 giorni di indulgenza a chi "pentito e confessato, concorresse con l'opera e le limosine alla fondazione di detto Ospedale.".
I primi a contribuire furono gli Spinola, che a quei tempi governavano Ovada per conto della Repubblica di Genova, che donarono il ricavato della vendita di alcuni terreni ed una notevole parte dei materiali da costruzione. Al resto pensarono le altre famiglie benestanti della città e, soprattutto, la popolazione che, come accadeva sempre allora, non potendo donare somme di denaro, si adoperò andando a prendere e trasportando a forza di braccia massi e pietre dal greto del fiume e fornendo la mano d'opera necessaria per la costruzione.
Il nuovo ospedale fu realizzato nello stesso luogo dove esisteva quella "Casa dei Pellegrini" di cui abbiamo parlato prima.
La struttura, che era -per quei tempi- un modesto ricovero per poveri e malati, era disposta su due piani; al piano della strada c'erano tre stanze adibite a servizi ed un vano che serviva ad isolare i malati contagiosi (ed a quel tempo, con tutte le epidemie che flagellavano il territorio, erano davvero tanti). Al piano superiore c'era un grande stanzone che serviva come dormitorio con i letti allineati lungo le pareti ed un altare al centro.
Il nuovo, chiamiamolo così, "Ospedale" fu subito molto apprezzato e, ovviamente, utilizzato ma circa un secolo dopo, nel 1548, sorsero delle dispute che erano dovute ad interferenze che sia le autorità religiose che quelle civili facevano sull'amministrazione della struttura (in pratica, entrambe le autorità cercavano di assumerne in modo esclusivo la gestione). La popolazione ovadese, che era molto legata a quell'ospedale che aveva contribuito a costruire, inviò allora una "supplica" (allora si chiamavano così le richieste che i fedeli inviavano a Roma) al Papa affinchè risolvesse la questione. La "supplica" fu accolta ed il Papa, che allora era Paolo III, emise un decreto in cui stabiliva due cose importantissime: come prima cosa elevava l'Ospedale di Ovada ad "Ente Morale" ma la cosa più importante era che disponeva che la sua gestione fosse affidata, in modo esclusivo ed assoluto (e sottolineo "esclusivo ed assoluto"), ad un "consiglio" di persone che dovevano essere nominate dal popolo e che prendevano il nome di "Protettori".
In seguito a questa decisione si risolsero tutti i problemi e nei decenni successivi l'Ospedale di Sant'Antonio (l'Ospedale era stato dedicato a questo Santo così come era stato stabilito in origine) divenne un vero e proprio "ospedale" (ovviamente per come era inteso allora), in cui operavano un chirurgo, alcuni assistenti (oggi li chiameremmo infermieri) e, ovviamente, un cappellano, tutti rigorosamente scelti e nominati dal Consiglio dei Protettori.
L'esistenza e la localizzazione di questo ospedale la possiamo ben vedere in questa immagine

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che rappresenta Ovada nell'anno 1648. Lo possiamo vedere ben indicato con la parola "Ospitale" in alto a destra, proprio di fronte alla chiesa di Sant'Antonio.
Passano un paio di secoli ed arriviamo verso la fine del Settecento. In duecento anni la popolazione di Ovada era più che raddoppiata e l'Ospedale cominciava a dare i primi segni di inadeguatezza. Era sempre amministrato molto bene dal consiglio dei Protettori, ma la struttura era ormai vecchia ed era diventata ormai insufficiente a soddisfare le necessità di una città che era in piena espansione demografica. Questo non solo sotto il punto di vista del servizio medico (che a quei tempi era ancora assai "rudimentale") e delle strutture, che presentavano evidenti segni di degrado, ma anche per l'insorgere di un problema che a noi oggi può sembrare ridicolo, ma a quell'epoca era importantissimo, anzi fondamentale. Lo sappiamo da una lettera del cappellano di quell'epoca (siamo nel 1776), che si chiamava Don Domenico Baudotto. Poichè in quell'anno l'affluenza di malati presso l'Ospedale era diventata quasi insostenibile, capitava sempre più spesso che questi malati fossero sistemati, addirittura, a due per letto ed il Cappellano, in quella lettera, si lamentava non tanto dei rischi sanitari della situazione, quanto del fatto di non poter confessare i malati perchè uno sentiva la confessione dell'altro.
Negli anni seguenti, e fino ai primi anni dell'Ottocento, il Consiglio dei Protettori cercò di rimediare facendo costruire alcuni locali aggiuntivi, ma ben presto (a causa della grande espansione demografica, dovuta soprattutto all'immigrazione di interi nuclei famigliari in Ovada da altri paesi per esercitare la filatura della seta, che allora era diventata la principale e lo rimarrà per tutto l'Ottocento), il Consiglio decise -siamo nell'anno 1842- di costruire un nuovo ospedale.
Presa la decisione, il primo problema fu di scegliere a chi far progettare la nuova struttura. Per questa cosa il Consiglio volò alto, molto alto. Si sarebbe potuto cercare un qualsiasi progettista ma per Ovada si decise di scegliere il top dei top di quell'epoca. Eccolo:

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Alessandro Antonelli. Lo vedete qui con a fianco le sue due più famose ed importanti opere: la Mole Antonelliana di Torino e la cupola della Basilica di San Gaudenzio di Novara. Antonelli era a quell'epoca il big dell'architettura italiana. Professore di architettura all'Accademia Albertina di Torino, Deputato al Parlamento Subalpino, Consigliere Comunale a Torino e Consigliere Provinciale a Novara... Non si sa come, ecco che nel 1842 lo troviamo ad Ovada dove non solo progetta il nuovo ospedale ma, anche, ne traccia personalmente le fondazioni ed inoltre, come "bonus", disegna anche un nuovo altare maggiore per la Parrocchia di Ovada (si... l'altare maggiore della nostra Parrocchia è stato disegnato da lui).
Nello stesso anno 1842, l'undici Agosto, viene posata la prima pietra e subito dopo inizia la costruzione.
Anche in questo caso, come abbiamo già visto in precedenza, fu tutta la popolazione ovadese che contribuì in modo massiccio e solidale alla costruzione. Le famiglie facoltose misero a disposizione cospicue somme di denaro (circa ventimila Lire) e furono fatte collette sia in Ovada che nei paesi limitrofi (l'ospedale, infatti, già da tempo serviva anche gli abitanti dei comuni vicini) che fruttarono circa trentamila Lire. Come trecento anni prima, furono i cittadini di Ovada che prestarono la loro opera come muratori, falegnami e fabbri, creando anche una specie di "catena umana" che, a spalle, su carri o a dorso di mulo, trasportava sabbia, pietre e materiale da costruzione dal greto del torrente Stura fino al cantiere; tutto questo, come si usava a quei tempi, pregando e cantando inni sacri.
Per l'occasione (e anche questo era tipico di quell'epoca) furono scritte delle poesie che, oltre a celebrare l'opera, esortavano gli Ovadesi a fornire il loro aiuto alla costruzione. Un Padre Scolopio, un certo Padre Buccelli, ne scrisse addirittura tre. Di queste ve ne propongo una, la più breve (sono solo due strofe) ma anche la più significativa:

Su fratelli, andiamo unanimi,
Su, nel nome del Signor!
Fabbrichiamo un pio ricovero
All' infermo poverello;
Egli è pur nostro fratello
E sia nostro il suo dolor.
Chi soccorre il poveretto
Il Signor l'assisterà.

Quando i giorni dell'affanno
Al pietoso sorverranno
Nella speme affidi il petto,
Che il dolor breve sarà
Dalle case, dalle piazze
Accorrete, o cittadini;
Ogni classe oggi s'inchini
A quest'opra di pietà!.

Come vedete, qui si fa appello alle teorie della solidarietà e del mutuo soccorso che erano molto "gettonate" in quell'epoca (vi ricordo che l'ospedale verrà inaugurato nel 1862 e nel 1870, sempre in Ovada e proprio accanto ad esso, nell'isolato adiacente, verrà costituita la SOMS, Società Operaia di Mutuo Soccorso).
Ma torniamo al 1842 ed ai lavori dell'ospedale.
I lavori durarono dapprima tre anni e si riuscì a portare a termine la struttura principale e la copertura del tetto. Poi, finirono i soldi e dal 1845 al 1860 i lavori si fermarono. Ripresero poi nel 1861 e dopo sei anni, nel 1867, l'Ospedale fu finalmente completato, venne inaugurato nel mese di Agosto e cominciò subito a funzionare a pieno regime.
Dieci anni dopo, con un Regio Decreto del Primo Luglio 1877, venne definitivamente fissata la "dotazione" del personale, che era composto da: Un Chirurgo, un Medico (a cui veniva affiancato se necessario un Flebotomo), due Infermieri e tre Suore della Congregazione di S.Anna. I posti letto erano una cinquantina e, come da prassi, rigorosamente divisi tra uomini e donne nelle due ali della struttura.
Con il passare degli anni vennero poi migliorati gli ambienti ed aumentato il personale. Una grande opera di ampliamento venne fatta negli Anni Trenta del secolo scorso, grazie all'opera del Direttore Sanitario di quel tempo, il Dottor Eraldo Ighina, che permise (anche in questo caso grazie a donazioni e raccolte di fondi) di avere un nuovo reparto Maternità ed il primo gabinetto radiologico.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale l'ospedale ampliò ancora i suoi servizi. Nel 1967, in occasione del centenario dell'inaugurazione, mio padre scrisse un articolo sulla storia dell'Ospedale e ne fotografò la situazione in quell'anno.
Nel 1967 l'Ospedale aveva un Reparto di Medicina, un Reparto di Chirurgia con annessa sezione di Ostetricia e Ginecologia, un Laboratorio Analisi, il Pronto Soccorso, il gabinetto radiologico, un gabinetto di cardiologia, un gabinetto di Terapia Fisica, un Reparto di Isolamento ed il primo centro oncologico per la prevenzione e cura dei tumori. I posti letto erano centocinquanta. Tutto sotto la direzione del Prof. Livio Petronio, Direttore Sanitario.
Si trattava di uno dei migliori e più attrezzati ospedali (esclusa Alessandria, ovviamente) della Provincia.
In quell'anno il Consiglio di Amministrazione (i discendenti dei famosi "Protettori", ricordate?) era formato da Angelo Baretto, Lorenzo Bottero, Ambrogio Lombardo e Rinaldo Sciutto, sotto la Presidenza di Giuseppe Cardona; il Segretario era Giovanni Priarone.

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In questa fotografia vediamo l'ingresso del vecchio ospedale. Ma questo NON è l'ingresso principale, bensì il RETRO, quello che nel progetto era l'ingresso di servizio. L'ingresso principale -e, quindi, la facciata- si trova dall'altra parte, quella che si affaccia su via Cavour.
Come abbiamo già detto, nel corso dei decenni la struttura ha subito molti cambiamenti. Sono stati eretti dei muri per ottenere nuovi locali; alcuni saloni del piano terra sono stati divisi per realizzare i vari gabinetti medici di cui abbiamo parlato prima e, infine, negli Anni Settanta è stata realizzata una nuova ala -di un solo piano- proprio nell'area che era di fronte all'ingresso principale; in questa nuova ala erano localizzati il Reparto Maternità (mio figlio è nato lì nel 1985 ed è stato uno degli ultimi Ovadesi a nascere in Ovada), il nuovo laboratorio analisi e diversi studi medici per le specialità.
Durante questi lavori non sono mai state, però, demolite le strutture originali del 1867, che, anzi, sono state utilizzate inglobandole nelle nuove, e questo si può vedere dalla fotografia seguente

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che raffigura il "retro" (ma, in effetti, è il "davanti") dell'ospedale. Si notano le colonne originali del pronao, le cui luci sono state chiuse con dei muri per ricavarvi nuovi locali e stanze.
Oggi, l'ingresso principale dell'Ospedale, quello che si affaccia su via Cavour, si presenta in questo modo:

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Non è un gran bel vedere. Ma noi ci siamo divertiti, con le risorse che la tecnologia oggi ci mette a disposizione, a fare un salto indietro nel tempo e ritornare al 1867, quando l'ospedale era appena ultimato.
Per fare questo abbiamo tolto la nuova ala, abbiamo eliminato i muri di tamponamento, abbiamo ricostruito le poche parti mancanti e, infine, abbiamo aperto il cancello. Ecco il risultato:

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Ecco, con una buona approssimazione, come doveva presentarsi l'Ospedale agli Ovadesi ed ai forestieri nell'anno 1867.
Ma ritorniamo alla nostra storia. Eravamo rimasti al 1967. Undici anni dopo, nel 1978, con la Legge n. 833 del 23 Dicembre (vi pregherei di notare bene la data... DUE giorni prima di Natale. E' una caratteristica dei governi della nostra Repubblica emanare le leggi che influiscono fortemente sulla vita dei cittadini nei periodi in cui l'attenzione mediatica è meno forte: Natale, Pasqua, Ferragosto....).
In quella legge, che Istituiva il Servizio Sanitario Nazionale (con il territorio suddiviso nella varie Unità Socio Sanitarie Locali - Le famose USSL, che adesso sono diventate ASL), agli articoli 65 e 66 si stabiliva che i beni mobili ed immobili degli Enti che gestivano i servizi sanitari sul territorio della Repubblica dovevano essere trasferiti ai Comuni con il vincolo di destinazione alle Unità Sanitarie Locali.
Fu una vera e propria espropriazione. Dalla sera alla mattina le ASL entrarono in possesso di un patrimonio incommensurabile, formato da tutti gli ospedali e tutte le strutture sanitarie che esistevano in Italia. E questo A COSTO ZERO, cioè senza pagare un centesimo.
Con quella legge accadde anche un'altra cosa assai significativa, cioè l'ingresso della politica (o, per meglio dire, dei politici e dei politicanti) nella gestione della Sanità.
Oggi, dopo trentasette anni, i risultati sono sotto gli occhi di tutti e la Sanità Italiana è praticamente allo sfascio, e questo, per molti versi, riguarda anche Ovada. Vi ricordate i servizi che erogava l'ospedale di Ovada nel 1967?... li abbiamo elencati poco fa... Se confrontiamo i servizi che eroga oggi il nostro nuovo ospedale, non possiamo fare altro che constatare che -di fatto- siamo tornati indietro di due o trecento anni.
Ma torniamo alla foto del nostro vecchio ospedale. Lo vedete, è un vero e proprio capolavoro dell'architettura dell'Ottocento e la firma del suo progettista ne accresce enormemente l'importanza.
Ma non bisogna dimenticare, al di là dell'essenza puramente architettonica, che dietro la nascita di questa struttura non c'era un imprenditore privato o il Comune o la Parrocchia... e neppure una delle tante famiglie ricche di quel tempo. Questa struttura fu voluta e realizzata dalla POPOLAZIONE Ovadese.
E non dobbiamo neppure dimenticare che in questo ospedale, per quasi 130 anni, intere generazioni di Ovadesi sono nate, sono state curate ed assistite e, purtroppo, sono anche morte. Questo Ospedale è una parte importante della storia recente della nostra città e quindi, anche se legalmente e formalmente -grazie alla legge del 1978- esso risulta di proprietà dell'ASL, MORALMENTE questo ospedale è di proprietà della Città di Ovada e dei suoi abitanti.
Davvero questa struttura ora non serve più, è troppo vecchia, costosa da mantenere e la si vuole dismettere?
Bene... allora ecco la proposta che io faccio all'ASL. Fate una bella cosa (si potrebbe dire, come usa oggi, "fate una signorata"): restituitela agli Ovadesi che l'hanno voluta, l'hanno costruita con sudore e sacrificio e l'hanno fatta funzionare molto bene per due secoli.
Restituitela, però, alle stesse condizioni alle quali ve la eravate presa nel 1978... cioè A COSTO ZERO!

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Questo, infine, è il nuovo ospedale. Ma di questo vi parleranno adesso oratori molto più qualificati di me.
Grazie.

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